La ricerca di un modello animale per la malattia di
Alzheimer è iniziata con sistematicità nel 1980. Nei
primi tentativi si iniettava cloruro di alluminio – una
sostanza corrosiva a tal punto che le persone che la
maneggiano devono indossare occhiali e guanti di
sicurezza – direttamente nei cervelli dei conigli ancora
in via di sviluppo. Oggi, topi, ratti, scimmie marmoset e
lemuri sono gli animali più utilizzati.
I ricercatori non solo hanno sviluppato innumerevoli
tecniche per danneggiare il cervello, ma hanno anche
ideato metodi estremamente crudeli per valutare le
funzioni cerebrali una volta eseguita la procedura.
Attualmente i topi transgenici sono utilizzati per
riprodurre l’eccessivo accumularsi di proteina nel cervello.
Questi topi sono progettati per nascere con un gene
umano difettoso associato alla malattia di Alzheimer.
Spesso, tuttavia, essi non sviluppano la patologia desiderata
o la manifestano nelle aree “sbagliate”.
In un esperimento finanziato da Alzheimer’s Society,
Alzheimer Association, Alzheimer Research Trust e
Medical Research Council, i topi transgenici portatori del
gene umano difettoso sono stati incrociati con un altro
ceppo di topi transgenici portatori di un gene protettivo.
L’obiettivo era vedere se il gene protettivo avrebbe
bloccato o neutralizzato gli effetti del gene difettoso,
fornendo indizi per lo sviluppo di cure per l’Alzheimer.
I topi incrociati sono stati sottoposti a molteplici test di
memoria e comportamentali come strumenti di misura
dell’efficacia generale del gene protettivo. Come ci si può
aspettare dall’incrocio di due diversi ceppi di topi, alcuni
cuccioli sono nati con il gene protettivo, mentre altri no.
Le capacità fisiche di tutti i topi sono state valutate usando
il labirinto acquatico di Morris, una tecnica sviluppata 30
anni fa. Nonostante i topi abbiano molta paura di stare in
acqua, vengono costretti in una vaschetta rotonda dove
non possono toccare il fondo e dalla quale non possono
scappare. L’acqua nella vaschetta è appositamente fredda
in modo da provocare un nuoto affannoso che li può
portare allo sfinimento e all’annegamento quando non
sono tenuti sotto stretta osservazione.
Nell’esperimento di cui parliamo, i topi erano costretti a
nuotare fino a quando non veniva introdotta nella vasca
una piccola piattaforma sulla quale potevano riposarsi. Una
volta che avevano imparato a farlo, la piattaforma veniva
immersa di modo che non era più visibile sulla superficie
dell’acqua. L’obiettivo era sperimentare la memoria
spaziale degli animali. I topi con il gene protettivo l’hanno
eseguito un po’ meglio di quelli che ne erano privi
riuscendo a localizzare la piattaforma sommersa un po’
prima degli altri. Al termine, tutti i topi sono stati uccisi e i
loro cervelli esaminati.
Un esperimento simile è stato finanziato dall’Alzheimer
Society, stavolta per scoprire che effetto può avere lo stress
sulla produzione di “cattive” proteine nel cervello. (146)
Venti ratti maschi adulti sono stati divisi in quattro gruppi
di cinque animali ciascuno: un gruppo fu sottoposto a stress
per 20 giorni, uno per dieci, un altro ancora a uno stress
acuto di un giorno, l’ultimo era il gruppo di controllo.
L’esposizione allo stress è stata ottenuta mettendo i ratti
su una piattaforma elevata per 60 minuti. Mentre i ratti
liberi di vagabondare possono anche scegliere di salire in
alto, essere esposti a una grande altezza in un ambiente di
laboratorio è altamente stressante, come segnala
l’immediato rilascio degli ormoni dello stress nel sangue.
Questa risposta diminuisce in modo significativo dopo
10-20 giorni, una volta che gli animali si sono abituati alla
piattaforma, resta il fatto che hanno subito paura e stress
per un lungo periodo. Tutti i ratti sono stati uccisi 24 ore
dopo la loro ultima esposizione allo stress per misurare
l’impatto di ciò che avevano subito sul cervello.
I ricercatori hanno concluso che lo stress può influire sulla
produzione della proteina “cattiva” nel cervello, ma che
ulteriori studi sarebbero necessari per determinarne i
meccanismi esatti.
A.M.
__________________
CUORE:
MORTALITA’. Anche in Italia, come nel Regno Unito,
le malattie del sistema circolatorio sono la causa di morte
più frequente: circa 240 mila decessi all’anno, pari al 41%
di tutti i decessi. Nel 2003, 81.500 persone sono morte per
malattie ischemiche del cuore (cardiopatie coronariche o Cdh)
PREVALENZA. Nel 2000 quasi 290 mila uomini e 78 mila
donne in età compresa fra 25 e 84 anni avevano superato un
evento coronarico acuto e quasi 400 mila persone tra i 65
e i 74 anni risultavano affetti da angina pectoris (170 mila
uomini e 215 mila donne). I dati non sono mutuamente esclusivi.
INCIDENZA. La stima per il 2000 è di 79 mila attacchi cardiaci
nella fascia di età 25-84 anni (52 mila negli uomini e 27 mila
nelle donne); a questi dati vanno aggiunti altri 100-110 mila
eventi “minori” all’anno registrati nella fascia di età che va
dai 35 ai 74 anni.
[Fonte: Istituto Superiore di Sanità]
MALATTIA DI ALZHEIMER:
PREVALENZA. Le persone che soffrono di Alzheimer sono circa 500 mila pari al 5% della popolazione di età superiore ai 65 anni.
Si stima che nel 2025 i malati di Alzheimer supereranno il milione, ma già oggi considerando tutte le forme di demenza, in Italia ci sono almeno un milione di malati.
L’INCIDENZA è di 0,7 casi all’anno ogni 100 abitanti di età
superiore ai 65 anni.
NEL MONDO. Si stima che nel mondo le persone che soffrono di una qualche forma di demenza siano 24,3 milioni. L’incidenza è di un nuovo caso ogni sette secondi.
PARKINSON:
PREVALENZA. Ne soffrono circa 220 mila persone.
INCIDENZA. Si stima che ci siano 20 nuovi casi all’anno ogni
100 mila abitanti.
[Fonte: Istituto Superiore di Sanità]
CANCRO:
MORTALITA’. Nel 2008 sono morte di tumore (escludendo il melanoma) 164.903 persone, di cui 93.688 uomini e 71.215 donne.
INCIDENZA. Escludendo dal conteggio i casi di melanoma, nel 2008 le nuove diagnosi di tumore sono state 339.795.
PREVALENZA. In crescita, nel 2007 era pari a 1,8 milioni di persone (fonte Istituto Superiore di Sanità)
INCIDENZA E MORTALITA’ IN EUROPA.
Secondo le stime dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) nel 2006 sono stati diagnosticati 3.191.600 tumori, esclusi quelli della pelle, e vi sono stati 1.703 mila decessi dovuti a una qualche forma di tumore.
Secondo l’Airtum (Associazione italiana dei registri tumori) in media un uomo su due e una donna su due/tre riceveranno una diagnosi di cancro nel corso della loro vita; un uomo ogni tre e una donna ogni sei moriranno a causa di un tumore.
[Fonte: Iarc e Istituto Superiore di Sanità]
Alzheimer è iniziata con sistematicità nel 1980. Nei
primi tentativi si iniettava cloruro di alluminio – una
sostanza corrosiva a tal punto che le persone che la
maneggiano devono indossare occhiali e guanti di
sicurezza – direttamente nei cervelli dei conigli ancora
in via di sviluppo. Oggi, topi, ratti, scimmie marmoset e
lemuri sono gli animali più utilizzati.
I ricercatori non solo hanno sviluppato innumerevoli
tecniche per danneggiare il cervello, ma hanno anche
ideato metodi estremamente crudeli per valutare le
funzioni cerebrali una volta eseguita la procedura.
Attualmente i topi transgenici sono utilizzati per
riprodurre l’eccessivo accumularsi di proteina nel cervello.
Questi topi sono progettati per nascere con un gene
umano difettoso associato alla malattia di Alzheimer.
Spesso, tuttavia, essi non sviluppano la patologia desiderata
o la manifestano nelle aree “sbagliate”.
In un esperimento finanziato da Alzheimer’s Society,
Alzheimer Association, Alzheimer Research Trust e
Medical Research Council, i topi transgenici portatori del
gene umano difettoso sono stati incrociati con un altro
ceppo di topi transgenici portatori di un gene protettivo.
L’obiettivo era vedere se il gene protettivo avrebbe
bloccato o neutralizzato gli effetti del gene difettoso,
fornendo indizi per lo sviluppo di cure per l’Alzheimer.
I topi incrociati sono stati sottoposti a molteplici test di
memoria e comportamentali come strumenti di misura
dell’efficacia generale del gene protettivo. Come ci si può
aspettare dall’incrocio di due diversi ceppi di topi, alcuni
cuccioli sono nati con il gene protettivo, mentre altri no.
Le capacità fisiche di tutti i topi sono state valutate usando
il labirinto acquatico di Morris, una tecnica sviluppata 30
anni fa. Nonostante i topi abbiano molta paura di stare in
acqua, vengono costretti in una vaschetta rotonda dove
non possono toccare il fondo e dalla quale non possono
scappare. L’acqua nella vaschetta è appositamente fredda
in modo da provocare un nuoto affannoso che li può
portare allo sfinimento e all’annegamento quando non
sono tenuti sotto stretta osservazione.
Nell’esperimento di cui parliamo, i topi erano costretti a
nuotare fino a quando non veniva introdotta nella vasca
una piccola piattaforma sulla quale potevano riposarsi. Una
volta che avevano imparato a farlo, la piattaforma veniva
immersa di modo che non era più visibile sulla superficie
dell’acqua. L’obiettivo era sperimentare la memoria
spaziale degli animali. I topi con il gene protettivo l’hanno
eseguito un po’ meglio di quelli che ne erano privi
riuscendo a localizzare la piattaforma sommersa un po’
prima degli altri. Al termine, tutti i topi sono stati uccisi e i
loro cervelli esaminati.
Un esperimento simile è stato finanziato dall’Alzheimer
Society, stavolta per scoprire che effetto può avere lo stress
sulla produzione di “cattive” proteine nel cervello. (146)
Venti ratti maschi adulti sono stati divisi in quattro gruppi
di cinque animali ciascuno: un gruppo fu sottoposto a stress
per 20 giorni, uno per dieci, un altro ancora a uno stress
acuto di un giorno, l’ultimo era il gruppo di controllo.
L’esposizione allo stress è stata ottenuta mettendo i ratti
su una piattaforma elevata per 60 minuti. Mentre i ratti
liberi di vagabondare possono anche scegliere di salire in
alto, essere esposti a una grande altezza in un ambiente di
laboratorio è altamente stressante, come segnala
l’immediato rilascio degli ormoni dello stress nel sangue.
Questa risposta diminuisce in modo significativo dopo
10-20 giorni, una volta che gli animali si sono abituati alla
piattaforma, resta il fatto che hanno subito paura e stress
per un lungo periodo. Tutti i ratti sono stati uccisi 24 ore
dopo la loro ultima esposizione allo stress per misurare
l’impatto di ciò che avevano subito sul cervello.
I ricercatori hanno concluso che lo stress può influire sulla
produzione della proteina “cattiva” nel cervello, ma che
ulteriori studi sarebbero necessari per determinarne i
meccanismi esatti.
A.M.
__________________
CUORE:
MORTALITA’. Anche in Italia, come nel Regno Unito,
le malattie del sistema circolatorio sono la causa di morte
più frequente: circa 240 mila decessi all’anno, pari al 41%
di tutti i decessi. Nel 2003, 81.500 persone sono morte per
malattie ischemiche del cuore (cardiopatie coronariche o Cdh)
PREVALENZA. Nel 2000 quasi 290 mila uomini e 78 mila
donne in età compresa fra 25 e 84 anni avevano superato un
evento coronarico acuto e quasi 400 mila persone tra i 65
e i 74 anni risultavano affetti da angina pectoris (170 mila
uomini e 215 mila donne). I dati non sono mutuamente esclusivi.
INCIDENZA. La stima per il 2000 è di 79 mila attacchi cardiaci
nella fascia di età 25-84 anni (52 mila negli uomini e 27 mila
nelle donne); a questi dati vanno aggiunti altri 100-110 mila
eventi “minori” all’anno registrati nella fascia di età che va
dai 35 ai 74 anni.
[Fonte: Istituto Superiore di Sanità]
MALATTIA DI ALZHEIMER:
PREVALENZA. Le persone che soffrono di Alzheimer sono circa 500 mila pari al 5% della popolazione di età superiore ai 65 anni.
Si stima che nel 2025 i malati di Alzheimer supereranno il milione, ma già oggi considerando tutte le forme di demenza, in Italia ci sono almeno un milione di malati.
L’INCIDENZA è di 0,7 casi all’anno ogni 100 abitanti di età
superiore ai 65 anni.
NEL MONDO. Si stima che nel mondo le persone che soffrono di una qualche forma di demenza siano 24,3 milioni. L’incidenza è di un nuovo caso ogni sette secondi.
PARKINSON:
PREVALENZA. Ne soffrono circa 220 mila persone.
INCIDENZA. Si stima che ci siano 20 nuovi casi all’anno ogni
100 mila abitanti.
[Fonte: Istituto Superiore di Sanità]
CANCRO:
MORTALITA’. Nel 2008 sono morte di tumore (escludendo il melanoma) 164.903 persone, di cui 93.688 uomini e 71.215 donne.
INCIDENZA. Escludendo dal conteggio i casi di melanoma, nel 2008 le nuove diagnosi di tumore sono state 339.795.
PREVALENZA. In crescita, nel 2007 era pari a 1,8 milioni di persone (fonte Istituto Superiore di Sanità)
INCIDENZA E MORTALITA’ IN EUROPA.
Secondo le stime dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) nel 2006 sono stati diagnosticati 3.191.600 tumori, esclusi quelli della pelle, e vi sono stati 1.703 mila decessi dovuti a una qualche forma di tumore.
Secondo l’Airtum (Associazione italiana dei registri tumori) in media un uomo su due e una donna su due/tre riceveranno una diagnosi di cancro nel corso della loro vita; un uomo ogni tre e una donna ogni sei moriranno a causa di un tumore.
[Fonte: Iarc e Istituto Superiore di Sanità]