di Romina Malizia Blog
Qualche giorno fa ho letto la notizia-scandalo relativa alla Germania, “cavie umane” utilizzate inconsapevolmente dalleindustrie farmaceutiche occidentali. A dir poco agghiacciante, in molti casi le persone volontariamente si mettono a disposizione di sperimentazioni per riuscire ad ottenere un “rimborso spese” notevole altre volte non sanno di essere cavie di laboratorio. E’ sconvolgente pensare agli effetti collaterali che si possono riscontrare a breve e lungo termine, non giudico la vita degli altri ma non è possibile offrire se stessi per “30 denari”. Nel migliore dei casi si verificano lievi complicazioni, nei peggiori si può morire ed i soldi di certo non possono comprare un’altro corpo. Se ci pensiamo bene tutti noi assumiamo farmaci che creano dipendenza ed a loro volta curano una malattia e provocano un’altro tipo di patologia. Sono contraria alle medicine in genere, poi avere la conferma di essere cavie inconsapevoli è veramente terrificante. Svegliatevi tutti, ribelliamoci! Nell’articolo possiamo leggere:
Essere usati come cavie senza saperlo. È ciò che sarebbe accaduto a circacinquantamila pazienti ricoverati in seicento ospedali della Germaniadell’Est, la DDR, negli anni Ottanta. A rivelarlo il settimanale tedesco Der Spiegel che cita, tra le fonti, atti del ministero della Sanità di allora e della Stasi. I test sarebbero stati commissionati dalle maggiori farmaceutiche occidentali e pagati profumatamente.
“Mostra – spiega Roland Jahn, commissario per gli archivi della Stasi – che la Repubblica Democratica tedesca, volendo valuta straniera, non pensava agli effetti sui pazienti. E che il ministero per la Sicurezza di Stato (la Stasi) monitorava questo commercio che portava valuta straniera facendo in modo che nessuno potesse disturbare quegli affari”.
Ai pazienti venivano somministrati farmaci ancora in fase disperimentazione. Cinquanta le ditte farmaceutiche che avrebbero dato in appalto, tra il 1983 e il 1989, almeno 165 studi, pagando fino a 860mila marchi occidentali (circa 440mila euro). Le aziende negano sostenendo che a tutte le persone veniva fatto firmare preventivamente un consenso informato.
Possiamo leggere qui la testimonianza di uno dei pazienti sottoposti a sperimentazione a sua insaputa:
“Vi racconto che significa essere una cavia umana”
Der Spiegel incontra un paziente usato per i test delle aziende farmaceutiche occidentali nella DDR
Der Spiegel presenta la testimonianza di uno dei pazienti prestati a “cavie umane” dalle case farmaceutiche occidentali: ecco cosa accadeva durante gli anni della Repubblica Democratica Tedesca. LE CAVIE UMANE – Der Spiegel, dopo aver raccontato lo scandalo delle 50 mila persone utilizzate come cavie umane poiché vittime di test clinici a loro insaputa, riporta la testimonianza dell’uomo che si definisce come “l’unico sopravvissuto della clinica di Lostau”. Hubert Bruchmueller ha raccontato al giornale tedesco la sua esperienza che risale alla fine degli anni ’80. Der Spiegel ha spiegato che “i produttori farmaceutici offrivano fino a 800 mila marchi tedeschi per ogni studio”. Attualmente, i documenti riservati della DDR e della Stasi sono sotto esame e coinvolgono le case farmaceutiche: Hoechst, Sandoz, Boehringer-Mannheim, Bayer, Schering AG ma anche 600 cliniche.
LA TESTIMONIANZA – “Hubert Bruchmueller è finito nella clinica diLostau sotto “consiglio del suo medico curante”, scrive Der Spiegel, dell’uomo che oggi ha 59 anni e che ha ingerito “pillole dal colore giallo che venivano da un barattolo con su scritto ‘Pillole per il cuore, paziente numero 030″ . Le pillole erano dell’azienda farmaceutica Sandoz, oggi Novartis. Bruchmueller è uno dei 50 mila pazienti che hanno fatto da tester umano sulla propria pelle per le aziende farmaceutiche. I test riguardavano farmaci per terapie chemioterapiche e per il cuore. Il testimone di Der Spiegel ha ‘testato’ la seconda opzione e ha raccontato che “Secondo quanto risulta dai documenti, il paziente 029 morì per insufficienza cardiaca” e questo porta all’interruzione del test da parte di Sandoz, senza mai chiarire le cause del decesso del paziente. La testimonianza di Bruchmueller è molto importante perché il paziente ha conservato la scatola Sandoz con ancora all’interno alcune pillole gialle, in più è uno dei pochi ad aver visionato – anche se per pochi istanti – la sua cartella clinica ma la verità su quanto accaduto nel 1989 è ancora lontana.
Possiamo ancora leggere delle sperimentazioni e cavie umane in Svizzera edIndia:
Diventare cavia umana in Svizzera: ne vale davvero la pena?
Hai bisogno di soldi? Se sei abbastanza coraggioso, in Svizzera cercano cavie umane per testare dei nuovi medicinali. La retribuzione è molto buona, ma siamo sicuri che valga davvero la pena mettere in gioco la salute?
Diventare una cavia umana: sembra quasi il soggetto per un film, ma in realtà è una, chiamiamola “professione“, che si sta sviluppando negli ultimi tempi specialmente nel Nord Italia.
Come funziona esattamente? Semplice, si mette a disposizione il proprio corpo per il testaggio di nuovi medicinali in via di sperimentazione. In Italiafare la cavia umana è illegale, tant’è che molto spesso i farmaci vengono testati sugli animali o al massimo su soggetti particolari. Proprio per il fatto che nel nostro paese non è possibile fare le cavie, negli ultimi tempi è diventato d’uso diffuso recarsi in Svizzera per prestarsi a delle sperimentazioni su determinati farmaci. Sui forum si trovano testimonianze di persone che hanno fatto le cavie umane, e alcune di esse raccontano la loro esperienza: ad esempio, si legge che in una clinica del Canton Ticino vengono reclutate persone in buona salute, le quali vengono sottoposte a test ed esperimenti vari finalizzati alla scoperta di effetti collaterali relativi ad antiacidi per lo stomaco e regolatori tiroidei.
Si tratta quindi di farmaci molto potenti con i quali non c’è da scherzare; bisogna oltretutto considerare il fatto che, per realizzare questi test, è necessario sottoporsi a prelievi, flebo, sonde e chi più ne ha più ne metta. Inoltre gli effetti collaterali che si possono verificare ingerendo o facendosi iniettare questi farmaci sono alquanto imprevedibili. La retribuzione? Alta, circa 1200 euro per una settimana di degenza in ospedale; un prezzo alto per un sacrificio altrettanto elevato. Pensate ne valga davvero la pena mettere così a rischio la propria salute?
“Io, cavia umana in Svizzera per colpa della crisi”
Sono 750 gli italiani che ogni anno si presentano nella clinica in cui si testano i farmaci. Il proprio corpo in cambio 1.200 euro
Sulla cannula ci sono delle tacche. Indicano la profondità con cui la sonda è penetrata nello stomaco. La mia dice 40, vuol dire che il sondino naso-gastrico non è ancora entrato quanto dovrebbe, da qualche parte tra il naso e lo stomaco è rimasto incastrato. I due medici davanti a me ripetono di respirare a fondo e di bere, provano a spiegarmi dov’è l’ostacolo, ma non ce n’è bisogno, so bene che la sonda si è incastrata in gola, la sento e, quando spingono, la sento ancora meglio. È come avere una spina di pesce conficcata in gola, solo questa è lunga un metro e larga mezzo centimetro.
I conati rendono difficile ragionare lucidamente, con la coda dell’occhio continuo a controllare nessuno faccia cadere la telecamera nascosta, rendendo tutto questo vano. In qualche modo devo far entrare la sonda, altrimenti rischio di essere scartato. Come in un reality mi ritrovo in nomination, solo che in questa casa ci sono in palio altre 5 settimane da cavia umana. Da quasi un mese entro ed esco da questa clinica nel Canton Ticino, a pochi passi dal confine, dove mi hanno promesso 1200 euro in cambio del mio corpo per 6 giorni di ricovero (divisi in due periodi). Su di me e altri 27 soggetti sani, testano gli effetti di un antiacido per lo stomaco e di un farmaco per le disfunzioni tiroidee, “qualcosa di molto simile a un ormone” mi hanno spiegato. Effetti collaterali? “Tachicardia, ansia, alterazioni della frequenza cardiaca, ma siete coperti da assicurazione!”. Nessuno mi sa dire cosa preveda la polizza.
Ai tempi della crisi, si sopravvive anche così. Per le cliniche svizzere questo è un business di tutto rispetto (le case farmaceutiche pagano cifre da capogiro per l’ultima fase di test sui farmaci da immettere in commercio), per chi vive nel nord della Lombardia quello delle cavie umane è un autentico ammortizzatore sociale. 600 euro per due giorni di “lavoro”, si arriva a 4000 franchi per due settimane. Soldi troppo facili perché chi si trova in difficoltà non ceda, soprattutto gli italiani. “Gli svizzeri non ci vengono qui – mi racconta il capo-infermiere mentre mi preleva il sangue – si vergognano. Non ne hanno proprio bisogno, questo è un paese ricchissimo. Il 95 per cento dei pazienti è italiano, il resto stranieri che vivono in Italia”. Non a caso le uniche tre cliniche che offrono questo genere di studi si trovano in un raggio di 30 chilometri dal confine e il personale medico è composto da soli italiani. Professionisti seri, gentili, la cui principale preoccupazione sembra quella di aiutare i connazionali in difficoltà che chiedono di partecipare al maggior numero di sperimentazioni possibile.
Come in una catena di montaggio le persone si avvicendano di continuo: fuori quelli dello studio appena concluso, dentro i nuovi. Si conoscono tutti, si chiamano per nome. L’usciere di un ospedale di Varese che non riesce a pagare gli alimenti all’ex moglie, si preoccupa di come spostare i turni nei giorni di ricovero. Accanto a lui tre brasiliani raccontano della loro scuola di ballo che non decolla, così ogni tre mesi si presentano oltre confine, spesso insieme alla casalinga rumena che mi ripete quanto le servano i mille euro con l’arrivo del secondo figlio. Poi gli studenti, giovanissimi. 700 euro sono 6 mesi di tasse universitarie. “In fondo abbiamo solo preso una pasticca e ci hanno tolto un po ’ di sangue, che male c’è?”. Perfino alcuni degli impiegati sono ex cavie. Il nuovo del gruppo si riconosce facilmente, se ne sta in un angolo, sembra vergognarsi: capelli bianchi, occhiali spessi, a parlargli della clinica è stato un collega più giovane. “Ho due figlie all’università, 1200 euro sarebbero una boccata d’ossigeno. Do un’occhiata, se non mi convince lascio stare. Tanto possiamo ritirarci, vero? Lei come ha scoperto di questo posto?”.
Invento, altrimenti dovrei spiegargli che sui forum studenteschi da mesi non si parla d’altro, che ci sono voluti due mesi solo per essere inserito in lista. “Siamo pieni, appena possibile la inseriamo”. Inventare, da quando sono qui, è fondamentale. Inventare una residenza a Varese, visto che per partecipare è necessario risiedere in un raggio di 100 km (se qualcosa andasse storto entro un’ora i medici devono potermi raggiungere); inventare una microcamera che non dia nell’occhio (un finto cellulare) quando ci hanno fatto firmare l’autorizzazione alla perquisizione dei bagagli. Inventare una storia credibile per settimane, mentre mi pesano, misurano la pressione, prelevano sangue. Lunghe chiacchierate da ricordare, per non cadere in contraddizione.
Intanto la sonda è scesa, la flebo rilascia grandi quantità del primo farmaco nella cannula che ho fissa nel braccio. Il mio compagno di stanza, un rappresentante di profumi di Saronno, mi racconta di come lui e la moglie a volte vengano insieme, doppia paga, “ci siamo pagati il matrimonio così”. Due studenti arrivano in ritardo, vedono il tubo nel naso, si spaventano e se ne vanno:“Pensavamo di prendere una pasticca, ma le cose nel naso non ce le facciamo infilare”. I medici attorno a me si agitano, la sonda dice che il mio stomaco non è abbastanza acido per assumere il secondo farmaco. Spostano su e giù il tubo, ancora conati: addio nomination, sono eliminato. I più dispiaciuti sembrano loro: “Se hai bisogno tra poco parte un nuovo studio, ti ci infiliamo”. Annuisco mentre faccio l’ultimo prelievo, una segretaria mi porta il compenso: 150 euro. Tanto vale una cavia che non arriva in fondo.
In India sei una cavia e non lo sai
Farmaci gratuiti sono parte di test clinici; i pazienti sono all’oscuro di tutto Morire di un brutto male può essere un caso; morire (anche) perché i farmaci che dovrebbero curarci in realtà sono sperimentali, e ci vengono dati gratuitamente proprio
Farmaci gratuiti sono parte di test clinici; i pazienti sono all’oscuro di tutto
Morire di un brutto male può essere un caso; morire (anche) perché i farmaciche dovrebbero curarci in realtà sono sperimentali, e ci vengono datigratuitamente proprio perché siamo delle cavie a nostra insaputa, può essere diverso. E’ quello che sta succedendo in India dove, scrive il Washington Post, “la riforma delle regole per i test clinici ha fatto impennare il numero di cittadini che si sottopongono ad una tale pratica”; ma, spesso, con qualche dubbio sulla realtà dei consensi che vengono dati ai medici dai pazienti.
CAVIA A TUA INSAPUTA – Come il caso di Sharad Geete, che ha recentemente perso sua moglie, malata di Alzeheimer, prima di sapere che i farmaci che la curavano erano sperimentali: testati su di lei, s’intende. “Il medico ci disse che i farmaci sarebbero stati gratuiti e sarebbero stati lanciati presto da una compagnia straniera. Non ci è mai stato detto che fossero sperimentali, o in prova”, dice l’uomo: “Se l’avessi saputo, avrei rischiato?”. Ormai è troppo tardi per chiederselo, in effetti, ma il problema rimane. Un’indagine interna di uno stato indiano ha dimostrato che “sei dottori hanno violato gli standard etici nel raccogliere il consenso dei pazienti per la partecipazione ai test medici e non hanno compensato chi ha subito effetti collaterali”, il tutto in “76 test su 3300 pazienti fin dal 2006″. Dietro la formula “effetti collaterali” si nascondono esperienze che davvero non varrebbe la pena subire, mai. “Ero così stressato riguardo la salute di mia moglie”, dice Geete, “che ho detto, ok, ok, e ho firmato. Non abbiamo mai domandato nulla al dottore, ci fidavamo ciecamente. E’ rimasta legata al letto, ha smesso di parlare e di sentire. E’ diventata un vegetale”. E poi è morta, una delle “1700 persone che hanno preso parte a test clinici fra il 2007 e il 2010″, anche se nessuna autopsia è stata portata a termine per determinare le cause dei decessi.
UN RICCO BUSINESS – “L’India sta diventando un punto di snodo per il mercato dei test clinici, e gli indiani sembrano dei porcellini da cavia”, spiegaC.M. Gulhati, direttore del Monthly Index of Medical Specialities. “Le revisioni etiche sono una barzelletta, l’autorità di controllo approva tutte le proposte di test senza alcuno scrutinio. E i poveri pazienti, senza sospettare alcunché, diventano cavie, mentre gli ospedali guadagnano un sacco”. Quanto? Almeno 300 milioni di dollari nel solo 2010. “Un certo numero di medici lo ha trasformato in una fonte di guadagni”, spiega Anand Rai, medico del settore pubblico: “E la maggior parte dei pazienti non sa nemmeno cosa stia succedendo”. Con l’effetto, serio ed imprevisto, che gli ospedali perdono di credibilità: “Chi verrà più qui dopo queste vicende?”, si chiede un’impiegato dell’ospedale Indore, dove la Pfizer ha sospeso ogni test medico perché “le procedure non garantivano alcuna affidabilità e non venivano eseguite in maniera corretta”. Il governo ha raccomandato allora che “i medici registrino il processo del rilascio del consenso, e mettano dei pannelli dentro la struttura che informano i pazienti sui test in corso”; intanto gli attivisti dei diritti umani stanno collezionando “testimonianze firmate da centinaia di partecipanti ai processi di test e delle loro famiglie”. Presto, dicono, “inizieremo le cause legali” contro Big Pharma.
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