Test cosmetici su animali: intervista all’azienda L’Orèal
L'associazione francese S.P.A. ha intervistato il team scientifico della L'Oréal per fare il punto sulle misure adottate per limitare i test cosmetici su animali. Sebbene l'azienda mostri un alto interesse ad abbandonare i vecchi test a favore dei metodi alternativi, il gruppo non rinuncia a lanciare prodotti con nuovi ingredienti che per legge devono essere necessarimente testati. Il consumatore attento al benessere degli animali non deve comprare i prodotti di tale azienda se non vuole incentivare la sperimentazione animale.
l team scientifico che gestisce le sperimentazioni del gruppo L'Oréal ha accettato di rispondere alle domande poste dall'associazione Sauver Protéger Aimer (S.P.A.) in tema di test cosmetici su animali. La società ha dichiarato di abbracciare l'approccio etico sin dagli anni '70 con la convinzione che i continui investimenti nella ricerca di metodi alternativi porteranno a zéro animal.
Dal 1989, continuano i portavoce della società, ha deciso di non testare più il prodotto finito su animali avvalendosi di un software chiamato QSAR sviluppato dai propri laboratori di ricerca, anticipando di 14 anni la Direttiva sui test cosmetici; il divieto, infatti, dei test su animali per il prodotto finito è scattato nel 2004 nell'Unione europea. Per quanto riguarda i singoli ingredienti, la società dichiara che la situazione è più complicata poiché per registrare e mettere in commercio un nuovo ingrediente, deve fornire alle autorità un dossier che attesti la sua sicurezza; è 'costretta', quindi, a sottoporre la sostanza ad una serie di test su animali obbligatori per legge.
Dopo aver rilasciato questa dichiarazione, il team afferma - quasi a giustificarsi - che la società ha fortemente contribuito a svilupparemetodi alternativi per ridurre la sperimentazione su animali, inaugurando nel mese di aprile del 2011 a Gerland, il primo centro mondiale per la valutazione predittiva della sicurezza e dell'efficacia dei prodotti cosmetici.
Attraverso metodi alternativi, spiegano i ricercatori dellaL'Oréal, “sappiamo in anticipo quali saranno le risposte dell'organismo ad una determinata sostanza; abbiamo bisogno oramai di qualcosa che vada oltre i test su animali e che si avvicini più all'uomo, come ad esempio i modelli di pelle ricostruita. Grazie a questi modelli - continua lo staff della società - alcuni test in vitro sono già stati approvati come metodi 'alternativi' all'uso di animali dalEuropean Centre for the Validation of Alternative Methods (ECVAM).
La S.P.A. conclude il suo comunicato dicendo che “approva un viaggio simile e incoraggia la L'Oréal a proseguire in questa direzione, con la speranza che altre aziende cosmetiche possano seguire lo stesso percorso per abolire la sofferenza degli animali rinchiusi nei laboratori”.
Sebbene gli 'sforzi' siano apprezzabili, preferisco lanciare un altro spunto di riflessione: “Se l'azienda L'Oréal fosse davvero così interessata all'etica e al benessere animale - come dichiara tra le prime battute dell'intervista - dovrebbe evitare di mettere in commercio prodotti con ingredienti nuovi che richiedono per legge nuovi test su animali incrementando così la sperimentazione su di essi”.
La L'Oreal "dovrebbe evitare di mettere in commercio prodotti con ingredienti nuovi che richiedono per legge nuovi test su animali incrementando così la sperimentazione su di essi”
Un consumatore attentonon deve assolutamente acquistare i prodotti di tale azienda o quelli della societàThe Body Shop; sebbene quest'ultima mantenga gli stessi standard di eticità per quanto riguarda il suo impegno contro i test su animali, l'azienda è stata acquistata nel 2006 dallaL'Oréal per cui chi compra un prodotto The Body Shopfinanzia anche il gruppo. Se non vogliamo essere complici di aziende che speculano sulla pelle degli altri animali, dobbiamo acquistare solo le marche aderenti allo Standard Internazionale inserite nella lista VIVO stilata dal Comitato per un Consumo Consapevole, le quali si impegnano a non comprare nuovi ingredienti e ad utilizzare solo materie prime che non siano testate dopo un certo anno, chiamato fixed cut-off date.
Per capire meglio di cosa parliamo, pensiamo di essere dei produttori di cosmetici; non vogliamo incrementare la vivisezionee abbiamo intenzione di aderire allo Standard Internazionale. Cosa dobbiamo fare? Contattare i fornitori e chiedere in che anno sono stati testati su animali i singoli ingredienti. Se la data più recente è ad esempio il 1993, la nostra azienda non dovrà acquistare gli ingredienti testati dopo tale data.
Nella lista VIVO sono incluse sia le aziende aderenti alla certificazione a pagamento ICEA/LAV, sia le aziende con certificazione gratuita rilasciata per il Comitato VIVO dalla Dott.ssa Antonella De Paola, permettendo così anche alle piccole imprese che non possono sostenere il costo della certificazione pur soddisfando i requisiti dello Standard, di essere inserite tra leaziende cruelty-free . Per le marche straniere che distribuiscono i propri prodotti anche in Italia dobbiamo far riferimento alla listaGo Cruelty Free gestita dalla BUAV.
Concludo ricordandovi che dal 2009 sono stati vietati diversitest su animali usati per testare ingredienti per la produzione di cosmetici; rimangono esclusi dal divieto tre test di tossicità invasivi e dolorosi, per i quali la data del divieto dovrebbe scattare a marzo del 2013. Potetefirmare la petizione dellaHuman Society Internationale la petizione petizione della BUAV per cercare di far rispettare la data senza slittamentil.
Il rischio che la scadenza venga di nuovo posticipata è molto alto poiché gli interessi economici sarebbero compromessi dalla ripercussione che il divieto avrebbe su tutti i settori dei test regolatori, compreso quello farmaceutico. Si ha la sensazione che non ci sia nessuna intenzione di voler validare i metodi alternativi; ebbene sì, per legge i test su animali non hanno subito e mai subiranno meccanismi di convalida mentre i metodi alternativi devono essere convalidati! Non è forse un ignobile paradosso?
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